Racconti dalla Motor Valley

Intervista a Giorgetto Giugiaro: il fascino della Motor Valley, il successo della Maserati Ghibli e le automobili del futuro.

 

Tutti conoscono l’impatto esercitato sul mondo automotive da Giorgetto Giugiaro, incoronato “Car Designer del secolo” nel 1999, creatore di innumerevoli capolavori a quattro ruote. Pochi, invece, conoscono l’influenza che sul suo lavoro hanno avuto le forme innovative e i colori sgargianti delle auto della Motor Valley.

«Il fascino delle vetture della Motor Valley lascia il segno!»

Afferma in questa intervista in cui tocchiamo, insieme al diretto interessato, alcune tappe della sua straordinaria carriera. Un percorso iniziato prestissimo: è il 1955 quando, a soli 17 anni, Giugiaro fa il suo ingresso in Fiat, ma è con la carrozzeria Bertone, di cui nel 1959 diventa il responsabile stile, che inizia la sua escalation verso il successo.

Giorgetto Giugiaro nella carrozzeria Bertone

Il suo nome entra ben presto nel panorama del design torinese e il suo stile dalle linee eleganti e innovative si afferma tra i grandi colossi automobilistici di tutto il mondo. La sua effervescenza creativa lo porta a disegnare sia auto iconiche di lusso sia modelli meno sportivi: Maserati Ghibli, Alfa Romeo Giulia Sprint G7, Volkswagen Golf, Fiat Panda sono solo alcuni dei più celebri modelli disegnati da Giugiaro che oggi, all’età di 84 anni, mantiene vivo il dinamismo che lo ha reso una leggenda del settore.

 

Cosa ha rappresentato la Motor Valley agli inizi della sua carriera?

Quando ho iniziato la mia carriera come car designer, questo distretto è stato molto importante. Il fascino che nasce dal mondo delle corse e dalle vetture di grande prestigio ti lascia il segno. Il prestigio di case automobilistiche come Ferrari, Lamborghini e Maserati è qualcosa che colpisce. Da decenni il distretto della Motor Valley tiene alto il livello delle corse, sia a due che a quattro ruote, ed esalta la creatività di designer e ingegneri.

Esiste un podio per Giorgetto Giugiaro delle auto che hanno fatto la Motor Valley?

Così mi metti in imbarazzo (ride). Facendo riferimento ad auto storiche, sul podio ci sono sicuramente la Ferrari 275 GTB, la Ferrari 330 P4 del ’67 e la Maserati 450 S.

 

Tra le sue creazioni c’è l’iconica Maserati Ghibli, che lo scorso novembre ha festeggiato 55 anni di successo. Come considera questo modello rispetto all’evoluzione o affermazione della sua carriera e quanto è stato fondamentale lavorare su questo tipo di modello?

Nel 1966, anno in cui fu esposto il prototipo al Salone di Torino, io lasciai Bertone perché volevo staccarmi da quello stile. Con la Ghibli ho sperimentato una linea diversa, rischiando anche di non essere apprezzato. Quando ti abitui ad una precisa architettura dell’auto e poi cambi, c’è sempre un senso di imbarazzo. Non puoi mai prevedere la reazione degli spettatori! Con la Ghibli mi resi conto che molti apprezzavano questo mio cambiamento di forme e questa maggiore “aggressività”. È stata una sorpresa scoprire che il cambiamento piaceva! Anche il quotidiano sportivo francese L’Équipe, nel numero successivo al Salone torinese, scrisse che l’edizione di quell’anno aveva avuto due protagonisti: il debutto della Fiat 124 e Giugiaro.

Maserati Ghibli 1967

Quali sono le caratteristiche principali che hanno reso celebre questa autovettura nel mondo?

La caratteristica innovativa della Maserati Ghibli è l’integrazione di volumi: non c’è più differenza tra corpo e abitacolo, che non è più sovrapposto ma allineato nella parte posteriore di una sezione continua. Ha una forma semi tronca ma abbastanza generosa e tutto ha giocato a dare un insieme di eleganza e sportività, non troppo “corsaiola”. Le auto da corsa, infatti, hanno un’altra dimensione e i passeggeri sono “sacrificati” in spazi ridotti per via della sezione maestro ridotta. Del mio successo me ne sono accorto solo dopo il 1966. Precisamente nel ’69, quando un gruppo di direttori, presidenti e giornalisti della Volkswagen vennero a Torino per il Salone. Nella scelta di chi poteva sviluppare i nuovi modelli Volkswagen puntarono su sei vetture, di cui 4 disegnate da me. Il successo che ti dà un prodotto è un insieme di fiducia! 

Lei ha “disegnato” la storia delle automobili. Ma c’è una vettura che avrebbe voluto progettare e che non ha mai fatto?

Sono tante (ride). Quando qualcuno deve scegliere un’auto, rispetto al parco di offerte nel mondo, sceglie l’estetica che meglio lo rappresenta. Noi vediamo le forme di vetture in termini di qualità e contenuti, che sono diventati leziosi e che sfociano nell’eccesso della forma. Quando ho acquistato l’ultima vettura, ho optato per la semplicità di forma, che ha nel contenuto il suo potenziale in termini di funzionalità. Per via di leggi che non ti permettono di andare veloce, o di vetture che ti costringono in spazi minimi a favore di un design accattivante, ho scelto una vettura per me più congeniale, comoda e ospitale.

Volkswagen Golf, prima serie (1974-1983)

Cosa vorrebbe progettare al di là del mondo automotive?

Quello che è sempre stato il mio sogno, da quando ho fatto la selezione da militare, è l’aeronautica. Per lavorare da Bertone mi hanno cambiato l’indirizzo nell’arma e anziché entrare nell’aviazione sono andato negli alpini per essere vicino alla carrozzeria. Gli ultimi aerei hanno forme strane perché devono essere visti dai radar. La magia del design si lega a qualcosa di funzionale, come la necessità di essere riconosciuti.

Secondo lei qual è la direzione del design del futuro nel mondo automotive?

Nel ’55, quando sono entrato nella FIAT, leggevo riviste americane in cui si immaginava il futuro delle auto. Nei disegni non c’è nulla di corrispondente a quelle che sono oggi. È difficile quindi fare previsioni sulle forme perché il futuro lo facciamo giorno dopo giorno. L’auto, come mezzo di trasporto, cambierà a seconda delle leggi della società. La forma del futuro sarà quella più logica e appropriata per una società che si evolve. Stiamo vivendo anche una fase di profonda evoluzione tecnologica. Le nuove norme e una maggiore attenzione sulla salute spingono verso l’elettrico. Tuttavia l’uomo, per natura, non è mosso soltanto dalla razionalità, e le automobili sono esattamente uno di quegli ambiti in cui le emozioni prevaricano su tutto il resto.

 

 

 

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