Racconti dalla Motor Valley

La storia Yamaha (e non solo) nella COMP Collezione Moto Poggi.

A Villanova di Castenaso, poco fuori Bologna, circondato da cartiere e pastifici, società hi-tech e officine meccaniche, ha sede qualcosa di più unico che raro. Un luogo in cui convergono la grande storia della Motor Valley emiliano-romagnola con quella più recente dell’industria a due ruote giapponese. Parliamo della Collezione Moto Poggi – COMP, quasi 500 pezzi fra moto e motori che raccontano l’evoluzione tecnologica di due mondi così lontani per costumi e geografia, eppure così vicini per saperi e passione.

La Collezione nasce per iniziativa del signor Pierluigi Poggi che, a cavallo degli anni ’50 e ’60, inizia ad acquistare e raccogliere, moto dopo moto, dei pezzi davvero incredibili. Con gli anni, Poggi instaura col colosso giapponese uno strettissimo rapporto. Grazie all’azienda nipponica espande sensibilmente la propria collezione, arrivando ad ospitare oltre quaranta moto della casa dei tre diapason, compresi alcuni pezzi rarissimi. È così che la storia del marchio giapponese si intreccia con quella locale dell’Emilia-Romagna a motore, raccontata da una miriade di pezzi che rappresentano la storia della tecnica e della meccanica motoristica della Terra dei Motori dal secondo dopoguerra a oggi.

Partiamo dall’amicizia con Yamaha: da dov’è nato questo rapporto?
Poggi all’epoca era un industriale del settore meccanico con una grande passione per le moto, partecipava a rievocazioni storiche con una Gilera Saturno Piuma 500, fino a quando non provò una Yamaha 250 a 2 tempi e fu amore a prima vista. Credo anche che col tempo abbia avuto un ruolo determinante Marco Riva, general manager di Yamaha Italia, tanti dei pezzi contenuti al COMP li abbiamo avuti grazie a lui.

L’attuale allestimento della collezione però è molto recente.
Il COMP è stato inaugurato nel 2001, con una grande festa cui presero parte anche Giacomo Agostini, Andrea Dovizioso, Carlos Lavado, Luca Cadalora, Eugenio Lazzarini e Loris Reggiani. L’opera di collezione dei pezzi, invece, inizia molto prima l’apertura del nostro spazio e risale all’incirca agli anni ‘70. Vista la quantità di pezzi che arrivò a raccogliere, Poggi comprò gli attuali capannoni e allestì questo meraviglioso spazio espositivo in collaborazione con gli architetti e designer della casa motociclistica giapponese. Il COMP ospita anche 9 Moto GP di Carlos Checa e due di Valentino, Jorge Lorenzo, Max Biaggi, Garry Mccoy, Norifumi Abe e Jackie Oliver, di proprietà Yamaha.

Complessivamente, la parte di collezione Yamaha comprende 17 tra Superbike e moto da competizione, e copre un periodo temporale dal 1959 al 2010. Ci sono la 250 di Carlos Lavado campione del mondo 1986, la 750 che ha fatto la 200 miglia di Imola di Agostini. Tutte queste moto sono in perfette condizioni. In totale la collezione, tra le Yamaha e le moto di altre marche, conta invece 415 pezzi, che vanno dalla bicicletta alla M1 Yamaha, dal motore a rullo al propulsore utilizzato da Valentino. Le moto sono 375, il resto sono motori e ricambi.

Dei numeri pazzeschi. Quindi ospitate tutta la storia Yamaha e non solo?
Abbiamo l’intero sviluppo di quella che è stata la 250, dal 1959 al 1983. Tant’è vero che 2 anni fa è venuto qui a vedere il museo il vicepresidente Yamaha in persona, dal Giappone, insieme al presidente Yamaha Europa e al presidente Yamaha Europa Cross. Ci hanno anche fatto visita dei tecnici dal Giappone che in 4 giorni hanno analizzato e smontato alcune carene di esemplari risalenti a prima degli anni ‘70. Nella sala 2 per esempio abbiamo le moto da record della Garelli, che nel ’45-’46 aveva messo sul mercato il Mosquito 38. A quell’epoca, qui in Emilia-Romagna, ogni paesino era costituito al massimo da 10 case, ma in ogni borgo c’era un meccanico. A quei tempi le biciclette pesavano 16-17 chili, e la Garelli entrò nel mercato mettendo sulla piazza un micromotore, che apponendo una semplice vite si poteva applicare a una bicicletta per renderla motorizzata. Allora alcuni meccanici della zona si fabbricarono autonomamente il proprio motore, creandosi di fatto una propria marca. Noi qui ne abbiamo una quarantina.

C’è anche un po’ la storia dell’artigianato emiliano, insomma?
Sì, qui ci sono motori di marche che non si vedono più in giro. All’epoca l’artigiano, dopo aver costruito il proprio motore, veniva solitamente chiamato dalla grande azienda a ricoprire incarichi di capo-meccanico. Così questi piccoli marchi sparivano. Qui ospitiamo una quarantina di queste rarità. Nella parte superiore della sala 2 ci sono anche le moto da Record della Minarelli.

Moto da record?
Sì, ci sono le moto 50, 75 e 100, tutte moto con cui la Minarelli ha stabilito record mondiali sul Km da fermo e lanciato. E il 70% della produzione di motori della Minarelli dal dopoguerra a oggi. Oltre alla moto di Nieto che ha vinto 5 mondiali e due moto 48 che usava Bianchi per fare le corse in salita, le Mondial da Giro d’Italia e quella della Milano-Taranto.
Nella sala 3 abbiamo poi una serie di moto costruite nel Bolognese e moto di varie marche, dagli anni ’30 alle soglie del duemila, e una collezione di motocross di Edwards, Bartolini e Puzar campioni del mondo. La sala 4, invece, è dedicata ad accogliere eventi speciali e ospita alcuni tra i pezzi più importanti della nostra collezione. Per citarne solo alcuni, abbiamo 9 superbike, tra cui quelle di Cal Crutchlow, Ben Spies, Marco Melandri e Noriyuki Haga, oltre alla moto di Carlos Lavado, quella con cui ha vinto il mondiale nel 1986, la MV 500 3 cilindri di Agostini e la 800 di Valentino di Phillip Island.

Se dovessimo identificare il pezzo più pregiato di tutta la collezione, quale sarebbe?
Poggi ti direbbe sicuramente l’MV 500 3 cilindri e il Gilera 4 cilindri, poi ovviamente la moto di Lavado e Agostini. Sono moto di cui non si può stimare il valore.

Che tipo di pubblico ha la vostra collezione e cosa cercate di trasmettere a chi viene a farvi visita?
Il pubblico è generalmente composto dagli appassionati di motori, però ospitiamo spesso scolaresche da tutte le parti di Italia alle quali mostriamo un pezzo di storia. Cerchiamo sempre di far capire ai ragazzi come si è arrivati a tutto questo, mostrando moto dopo moto l’evoluzione della tecnica e della meccanica motoristica delle nostre zone.

Cosa li colpisce di più, solitamente?
La sala Yamaha, che dalla prima costruita ripercorre la storia fino alla moto di Valentino Rossi. Solo in questo Museo si possono ammirare tutte insieme. Si può ammirare l’evoluzione e la tecnica e da cosa è nato cosa. Come si è arrivati dai primi motori alla moto super tecnologica Yamaha M1. In Sala 2 si può raccontare la storia della moto dal Mosquito alla Moto GP. Ci sono persone che alla fine della visita hanno gli occhi lucidi, accesi, anche se non sono intenditori o addetti ai lavori.

E c’è stato, invece, qualche visitatore che ha colpito lei?
L’anno scorso sono venuti qui quattro signori da Düsseldorf: hanno preso la macchina, sono venuti qui a vedere il museo e poi sono tornati a casa. Due di loro erano collezionisti Yamaha e quando hanno visto la nostra collezione sono rimasti entusiasti! Ce ne sono un bel po’ di persone così.

Come può la Collezione supportare Motor Valley? E come può Motor Valley supportare la Collezione?
La Motor Valley si fonda su un sapere unico al mondo che qui è custodito e tramandato a beneficio delle future generazioni, perché non vada disperso. In cambio spero che Motor Valley possa diventare quella vetrina capace di garantire a questa collezione, così ricca e così unica, l’afflusso di pubblico che meriterebbe di ricevere. Io ho guardato con favore all’iniziativa, e spero davvero che dopo quello del 2011, con l’ampliamento e il nuovo allestimento, ora grazie a Motor Valley la Collezione possa compiere un nuovo salto di qualità.

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